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Messaggio Da Silvia Mar 25 Ott 2011, 21:52

Titolo: Macbeth
Autore: Shakespeare
Anno di uscita: 1605

Macbeth è uno dei drammi più conosciuti di Shakespeare e la tragedia più breve che ha scritto.
E' diventata archetipo della brama di potere e dei pericoli che essa comporta, liberamente ispirata al racconto storico del Re Macbeth di Scozia di Holinshed e di Boece.
Quando Shakespeare accoglie la leggenda di Macbeth consultando le cronache di Holinshed, ne espande i caratteri oppositivi dei luoghi, contrapponendo castelli a brughiere selvagge, ricalcando sul piano metaforico psicologico le peregrinazioni di un pensiero oscillante tra logica e irrazionalità.
Nella brughiera, in una caverna, vengono formulate le previsioni delle streghe, che condizioneranno tutte le azioni di Macbeth dal momento in cui ne verrà a conoscenza. “Salve Macbeth, d’ora in poi sarai re!” (atto I scena III)
Da questo momento in poi il libero arbitrio di Macbeth potrebbe coincidere solo con la scelta di non commettere il male, ma la sua ambizione ha il sopravvento. Nell’accondiscendere all’avverarsi della profezia, compirà un percorso di male in cui la morte non avrà prezzo né limiti; a partire dall’omicidio di Duncan e Banquo, finalizzati al raggiungimento del Tema Imperiale, per finire con la strage della famiglia di Macduff, assolutamente gratuita perché non utile al raggiungimento del potere, fino alla morte del giovane Seyword nello scontro finale.
Temi ricorrenti dell’opera sono le dicotomie bene male, luce buio; come lo yin e yang del simbolo cinese, dove la parte nera ha un punto bianco e viceversa, nel mondo delle Sorelle Fatali, ed in tutta la tragedia, il bene ed il male non sono mai nettamente separati.
Il verso conclusivo della prima scena “Fair is foul and foul is fair” è il compendio di questa ambiguità che agisce come leit motiv dell’intera opera.
Per Macbeth le Sorelle Fatali sono la realizzazione dei suoi desideri nascosti di potere ed ambizione, una sorta di giustificazione, come se egli fosse autorizzato a comportarsi in un determinato modo per “conformarsi” alle loro profezie.
Secondo questa distorta interpretazione della realtà, Macbeth decifra le loro parole nei termini che a lui fanno più comodo per la situazione del momento. Ma la verità ha molte sfaccettature; Macbeth vede solo quello che gli occorre per mantenere la posizione di potere che acquista mediante gli omicidi che commette.
A questo proposito possiamo introdurre uno dei temi dell’opera: la relatività della realtà e di quello che si riesce a leggere nelle persone che abbiamo di fronte.
Così come Duncan non riesce a capire ciò che si nasconde dietro a Macbeth e non ha sentore del suo tradimento, allo stesso modo Macbeth non comprende fino in fondo, o forse decide di interpretare a modo suo, le quattro visioni che le streghe gli presentano. La realtà non è quindi quello che sembra.
“Il brutto è bello e il bello e brutto” dicono le streghe nella prima scena; tutto e il contrario di tutto e tutto può essere interpretato a proprio uso e consumo e per i propri scopi.

Accanto a lui, Macbeth ha la moglie.
Lady Macbeth ha un ruolo preminente nella tragedia; una donna dalla forte personalità, dotata di sentimenti e passioni estreme, caratteristiche già ben delineate, quando appare nella scena per la prima volta, mentre legge la lettera che il marito le ha inviato.
Da questo momento in poi l’unico suo scopo sarà farlo salire al trono. La relazione tra i due coniugi è veramente particolare: Lady Macbeth è per suo marito sia moglie che madre. Nei suoi discorsi traspare chiaramente a chi sia associata la determinazione e a chi la debolezza. Sa che suo marito ha degli scrupoli quando si tratta di raggiungere la meta con mezzi poco puliti, e quindi sa bene che dovrà spronarlo e convincerlo per portarlo a stringere quello scettro che gli è stato promesso e profetizzato.
Essa conosce bene il mondo in cui vive, un mondo dominato dagli uomini, e si rende conto di dover far spazio in sé a qualità tradizionalmente mascoline per raggiungere il potere. Quando pronuncia il suo primo monologo, in cui chiede che le venga tolto il sesso e la femminilità, questa sua consapevolezza diventa evidente.
La donna sacrifica completamente il suo essere donna per portare a termine l’omicidio rinunciando agli elementi tipici della femminilità: il seno e il latte materno.
Fa leva sulla mascolinità del marito per il raggiungimento del loro scopo e, questo suo insistere sull’essere uomo, tornerà ogni volta che noterà un cedimento in Macbeth.
La donna lo rimprovera quando gli manca la volontà, lo incoraggia quando si sente perduto; il legame fra i due è eterno e fortissimo e, non a caso infatti, la sua fragilità verrà fuori nel momento in cui il loro legame, a causa dei rimorsi per l’atto compiuto, si indebolirà. L’isolamento a cui è costretta e il rimorso la porteranno inesorabilmente alla follia e al suicidio; la donna sarà condannata in uno spazio eterno in cui il tempo non esiste. Rivivrà nel suo sonnambulismo l’atto commesso: il sonno di Duncan ,che i due coniugi hanno spezzato, sarà la condanna della donna che continuerà ad immaginare la purificazione attraverso la pulizia delle mani grondanti di sangue.
Contrapposta a questa figura di donna troviamo Lady Macduff, madre e moglie a tutto tondo, il cui legame affettivo con il marito, perdurerà anche dopo la morte nello scontro finale tra Macbeth e Macduff.
Due uomini soli si affrontano, ma mentre il primo è solo completamente con la sua follia a fargli compagnia, i pensieri che attraversano la mente di Macduff, sono pensieri d’amore verso la famiglia perduta.
Il suo legame con loro supera il tempo e la contingenza della realtà, l’uno sostenuto dalla follia, l’altro sostenuto dall’amore.
Amore, solitudine, follia, libero arbitrio, questi i temi che l’opera ci presenta, un opera in cui nulla è come sembra, che ci mette di fronte alla debolezza umana e alle conseguenze che le scelte che ognuno di noi compie possono avere.
Macbeth decide di inseguire il Tema Imperiale, e nel suo cammino travolge, inondando di sangue, qualunque cosa incontri.
Non lo ferma l’amicizia, né l’amore, né il rispetto per il suo re, un re buono ma forse poco illuminato; illuminato sarà suo figlio, che farà tesoro dell’esperienza del padre e userà espedienti sottili per testare la fedeltà di chi lo circonda.
Shakespeare scrive una tragedia in cui l’azione è ridotta, ma attraverso la forza delle parole e delle descrizioni dei protagonisti verremo proiettati in feroci battaglie, attraverseremo brughiere e soprattutto ci immergeremo nei pensieri più profondi dell’animo umano, toccheremo con mano disperazione, amore, dolore e rimorso.
Silvia
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