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Il linguaggio segreto dei fiori
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Il linguaggio segreto dei fiori
Visto che questa sezione è ancora vuota, mi permetto di inaugurarla trascrivendo una recensione del bestseller "Il linguaggio segreto dei fiori" di Vanessa Diffenbaugh (Garzanti) postata qualche giorno fa sul mio blog:
Di solito, lo confesso, guardo un po' con diffidenza i libri definiti "fenomeno editoriale dell'anno", convinta che certe etichette siano spesso soltanto il risultato di un'accorta operazione commerciale. Un bluff, insomma. Ma “Il linguaggio segreto dei fiori” - un “caso letterario” ancor prima della pubblicazione, uscito nel maggio scorso contemporaneamente in 30 paesi del mondo – mi ha subito incuriosito. Per giunta mi sembrava un regalo di compleanno perfetto per la mia amica Stefania, grande amante delle piante e della lettura, e così l'ho preso. Per lei. «Poi magari me lo presti», le ho detto quando ha scartato il pacchetto, e dopo appena qualche giorno lei me l'ha portato, dicendomi che l'aveva “presa” fin dalle prime pagine e che dovevo assolutamente leggerlo anche io.
Ebbene, devo dire che l'opera prima di Vanessa Diffenbaugh è stata una piacevolissima sorpresa: non è infatti un "mattone" come pensavo, ma è scorrevole, intrigante, coinvolgente e a tratti anche divertente. La protagonista è Victoria, una ragazza dal carattere difficile che, abbandonata alla nascita, ha trascorso l'infanzia tra una famiglia affidataria e l'altra, spesso maltrattata da chi avrebbe dovuto amarla come una figlia, ed è cresciuta nella diffidenza e nella solitudine, piena di rabbia e inconsapevole desiderio di autodistruzione. Ora che ha raggiunto la maggiore età, Victoria può finalmente lasciare la casa d'accoglienza dove è stata costretta a vivere finora, ma quali prospettive può avere una diciottenne misantropa, che ha paura del contatto fisico, allontana da sé tutti coloro che le dimostrano amore, convinta di non esserne degna, e non è capace a comunicare le proprie emozioni se non attraverso il linguaggio dei fiori, che le ha insegnato da bambina l'unica donna che avrebbe voluto come madre? Narrata in prima persona, la storia si muove alternativamente su un doppio piano temporale, il presente e il passato, e via via che scorrono le pagine chiarisce i motivi che hanno spinto la protagonista a chiudersi sempre più in se stessa e quelli che potrebbero invece darle il coraggio, la speranza e la fiducia nel futuro, indispensabili per ritrovare quella felicità assaporata troppo brevemente in un tempo ormai lontano.
Pubblicato in Italia da Garzanti con cinque diverse copertine, ognuna raffigurante un fiore – rosa rosa “eleganza”, bouganvillea “passione”, gerbera “allegria”, camomilla “forza nelle difficoltà” e tulipano “dichiarazione d'amore” - il romanzo affronta un tema fortemente drammatico come il fenomeno dell'abbandono minorile, che l'autrice conosce molto bene essendo madre affidataria e creatrice di un'associazione no-profit finalizzata ad aiutare i ragazzi che vivono in istituto (il cui nome, Camelia, vuol dire “il mio destino è nelle tue mani”), miscelandolo con uno poetico come il significato dei fiori, in epoca vittoriana utilizzato per esprimere i sentimenti senza bisogno di parole (il lettore potrà impararlo grazie al dizionario riportato in appendice). Un libro da leggere non perché è un fenomeno letterario, insomma, ma perché arriva al cuore, appassiona e fa riflettere. Tanto, secondo me.
Di solito, lo confesso, guardo un po' con diffidenza i libri definiti "fenomeno editoriale dell'anno", convinta che certe etichette siano spesso soltanto il risultato di un'accorta operazione commerciale. Un bluff, insomma. Ma “Il linguaggio segreto dei fiori” - un “caso letterario” ancor prima della pubblicazione, uscito nel maggio scorso contemporaneamente in 30 paesi del mondo – mi ha subito incuriosito. Per giunta mi sembrava un regalo di compleanno perfetto per la mia amica Stefania, grande amante delle piante e della lettura, e così l'ho preso. Per lei. «Poi magari me lo presti», le ho detto quando ha scartato il pacchetto, e dopo appena qualche giorno lei me l'ha portato, dicendomi che l'aveva “presa” fin dalle prime pagine e che dovevo assolutamente leggerlo anche io.
Ebbene, devo dire che l'opera prima di Vanessa Diffenbaugh è stata una piacevolissima sorpresa: non è infatti un "mattone" come pensavo, ma è scorrevole, intrigante, coinvolgente e a tratti anche divertente. La protagonista è Victoria, una ragazza dal carattere difficile che, abbandonata alla nascita, ha trascorso l'infanzia tra una famiglia affidataria e l'altra, spesso maltrattata da chi avrebbe dovuto amarla come una figlia, ed è cresciuta nella diffidenza e nella solitudine, piena di rabbia e inconsapevole desiderio di autodistruzione. Ora che ha raggiunto la maggiore età, Victoria può finalmente lasciare la casa d'accoglienza dove è stata costretta a vivere finora, ma quali prospettive può avere una diciottenne misantropa, che ha paura del contatto fisico, allontana da sé tutti coloro che le dimostrano amore, convinta di non esserne degna, e non è capace a comunicare le proprie emozioni se non attraverso il linguaggio dei fiori, che le ha insegnato da bambina l'unica donna che avrebbe voluto come madre? Narrata in prima persona, la storia si muove alternativamente su un doppio piano temporale, il presente e il passato, e via via che scorrono le pagine chiarisce i motivi che hanno spinto la protagonista a chiudersi sempre più in se stessa e quelli che potrebbero invece darle il coraggio, la speranza e la fiducia nel futuro, indispensabili per ritrovare quella felicità assaporata troppo brevemente in un tempo ormai lontano.
Pubblicato in Italia da Garzanti con cinque diverse copertine, ognuna raffigurante un fiore – rosa rosa “eleganza”, bouganvillea “passione”, gerbera “allegria”, camomilla “forza nelle difficoltà” e tulipano “dichiarazione d'amore” - il romanzo affronta un tema fortemente drammatico come il fenomeno dell'abbandono minorile, che l'autrice conosce molto bene essendo madre affidataria e creatrice di un'associazione no-profit finalizzata ad aiutare i ragazzi che vivono in istituto (il cui nome, Camelia, vuol dire “il mio destino è nelle tue mani”), miscelandolo con uno poetico come il significato dei fiori, in epoca vittoriana utilizzato per esprimere i sentimenti senza bisogno di parole (il lettore potrà impararlo grazie al dizionario riportato in appendice). Un libro da leggere non perché è un fenomeno letterario, insomma, ma perché arriva al cuore, appassiona e fa riflettere. Tanto, secondo me.
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