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Messaggio Da flower Lun 14 Nov 2011, 22:22

Ammetto che avevo qualche dubbio.
Avevo visto I promessi sposi(opera moderna) di Guardì in tv, in una scenografia mastodontica che mai sarebbe potuta entrare in un teatro.
Cosa aspettarsi quindi?
Voglio ammettere inoltre, che ero un po' prevenuto a riguardo.
Guardì lo associo al "comitato" di Piazza Italia, e male lo inquadravo in una regia di un musical.
E la serata non era certamente iniziata nel migliore dei modi.
Perchè hanno spostato il Gran Teatro? Dopo essermi perso, aver fatto qualche giro a vuoto, alle 20.50 sono riuscito ad arrivare, uscendo sano e salvo dal labirinto di un parcheggio tra l'altro a pagamento. Tempo per una pizzetta veloce e via... seduto al mio posto. L'inizio mi ha lasciato perplesso, confermando così i miei dubbi a riguardo.
Tutto quel movimento, apparentemente casuale, confusionario, di tutti i personaggi, mi davano l'idea del varietà, di qualcosa che niente aveva a che fare con "I promessi sposi" del Manzoni. Ok. Mi sbagliavo.

Partiamo da quello che in un musical è fondamentale e di primaria importanza: la musica.
La musica c'è, ed è musica di classe.
Pippo Flora ha orchestrato, arrangiato e creato una linea musicale di altissimo livello, in cui niente è lasciato al caso.
Per chi come me, non apre il romanzo di Manzoni da molti anni, seguirlo e ricordare le innumerevoli vicende che si susseguono potrebbe non essere semplice.
Invece il musical, pur non conoscendo affatto le canzoni, si fa seguire con naturalezza. Questo anche grazie all'uso di leit motiv che caratterizzano non solo i personaggi ma anche le varie situazioni. Così, a ogni attacco, già si è immersi nell'atmosfera, ora dell'amore tra Renzo e Lucia, oppure di tormento o di preghiera, di lotta e tradimenti. E come non apprezzare le potenti accensioni corali,gli inserimenti di alcuni frammenti in dialetto milanese e frammenti in tedesco.
L'avventura in cui si è immerso Guardì è stata più impegnativa rispetto a molti altri musical che in questi anni abbiamo visto in teatro. Perchè?
Portare in scena opere della tradizione straniera, ha comunque il vantaggio di potersi a volte permettere delle "licenze poetiche" che in pochi magari riescono a notare. Un esempio? Prendiamo il Notre-Dame de paris, di Cocciante. Forse molti hanno in mente la rivisitazione di Disney, ma non so quanti abbiano letto l'opera di Hugo. Ma tutti, almeno una volta hanno letto il romanzo di Manzoni, essendo anche una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano.
"I promessi sposi" è anche il primo romanzo moderno nella storia di tutta la letteratura italiana.
La difficoltà nel portare in scena un opera del genere sta anche nel fatto che questo non è un romanzo d'amore, oppure una tragedia, ma si tratta di un romanzo storico, ambientato tra il 1628 e 1630, durante l'occupazione spagnola. E tutto il romanzo è frutto di una ricerca storica in cui molti degli episodi narrati si fondano su documenti di archivio e cronache dell'epoca.
Tutto questo discorso l'ho fatto perchè il rischio, nel mettere in scena il romanzo di Manzoni, sta nel creare un musical che illustri la storia d'amore tra Renzo e Lucia, lasciando in secondo piano tutto quello che poi si cela nel romanzo.
Guardì in questo ha realizzato un opera che lo stesso Manzoni secondo me applaudirebbe.
Alla qualità del testo e della musica, non si può non aggiungere la meraviglia della scenografia di Luciano Ricceri, che non maschera lacune ma completa una struttura in cui musica, testo e immagine sono l'uno complemento dell'altro.
E così non si può non rimanere coinvolti ed emozionati in uno splendido "Addio ai monti", dove il palco diventa un lago in cui Lucia naviga.
E anche se non è stato possibile portare la struttura del Duomo visto a S.Siro, spettacolare è stato vederlo li davanti anche se solo in una proiezione che ha saputo ugualmente meravigliare.
Ma le situazioni spettacolari e avvolgenti sono state innumerevoli, come l'arrivo dei Lanzichenecchi in un effetto che ricordava un po' The Wall dei Pink Floyd
nell'immagine delle ombre.
La ricerca dei particolari è stata anche per la scenografia molto importante. Così quando Lucia si trova dall'Innominato, splendida la sensazione di trovarsi all'interno di una stanza con la finestra che lasciava entrare la luce della luna, per poi sparire alle parole della stessa Lucia.

La caratterizzazione dei personaggi inoltre è stata molto attenta e fedele al romanzo. Si riconosce così un Don Abbondio meschino e reietto, che tenta di avere il minor danno proprio a discapito dei più poveri.
Fra Cristoforo, il personaggio più positivo del romanzo, che incarna fedelmente la figura del cristiano coraggioso, capace di prendere posizione in difesa dei più deboli.
Acclamata dal pubblico e sicuramente una delle scene più toccanti è quella della conversione dell'Innominato, interpretato dall'immenso Vittorio Matteucci.
E che dire del frammento che riguarda la morte della piccola Cecilia?
A ultimare quella che secondo me è una grande opera, il geniale finale nella forma del Padre nostro, fra canti corali e piogge purificatrici.

Devo ringraziare quel simpatico signore che in un bar nella zona di Saxa-Rubra, mi ha dato le indicazioni giuste per arrivare al teatro, evitandomi così di perdere uno spettacolo davvero unico nel suo genere, e un grazie a Guardì per aver realizzato un opera moderna, lasciando intatta tutta la tradizione manzoniana del romanzo.
Però, una domanda mi resta irrisolta: perchè hanno spostato il Gran Teatro?




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